Trento, 19 marzo 2011
Sicuramente non approviamo e condanniamo il comportamento del leader libico Gheddafi.
Il dissenso interno, quando nasce, non nasce mai a caso ed è frutto di politiche antipopolari e repressive che nulla hanno a che fare con i processi democratici.
Fa specie, però, il comportamento decennale dell’occidente verso il “colonnello libico”. Per tutelare gli interessi delle “banche armate”, di Finmeccanica (fornitrice di armi alla Libia da molto tempo), dell’ENI (per il petrolio), delle multinazionali dell’agricoltura, degli interessi internazionali sull’uranio africano, dell’appoggio ai campi di concentramento in Libia per i cosiddetti clandestini, il governo italiano e non solo, ha accettato ed appoggiato politiche liberticide nei confronti del popolo libico, fino ad arrivare ai quei tristi baciamano del nostro Presidente del Consiglio Berlusconi di poco tempo fa.
Per molto tempo si è taciuto, tollerato, appoggiato, per bassi interessi commerciali, di mercato.
A questo punto, quando gli interessi economici sono in difficoltà, saltano fuori le “ingerenze umanitarie” e Il Consiglio di sicurezza dell'Onu si è pronunciato a favore dell'istituzione della No fly zone sulla Libia e dell'autorizzazione all'uso di non meglio precisati mezzi necessari a prevenire violenze contro i civili. In altri termini, ha autorizzato la guerra.
Il pallido e fino ad oggi insignificante Ban Ki Moon, diventato presidente dell'Onu solo in virtù dei suoi buoni uffici con gli Usa e del suo basso profilo, si è esaltato fino a definire la risoluzione 1973 storica, in quanto sancisce il principio della protezione internazionale della popolazione civile.
Un principio che vale a corrente alternata. Non ci sembra di ricordare sia evocato quando i cacciabombardieri della Nato fanno stragi di civili in Afghanistan. Altrettanta solerzia non è risultata effettiva quando gli F16 dell'aviazione israeliana radevano al suolo il Libano o Gaza, uccidendo migliaia di civili innocenti. Neppure vi è stato un intervento ONU nell’IRAQ quando si è inventato di tutto per rimettere le mani sul petrolio iracheno, uccidendo (complice anche l’Italia) decine di migliaia di civili. Lo stesso Blair ha confermato tutto questo.
Quello che sta avvenendo genera, in realtà, un precedente ben pericoloso. Sul quale giustamente paesi come la Russia, la Cina, il Brasile, l'India e la Germania hanno espresso più di una riserva. Che si è limitata però ad un'astensione, che lascerà di fatto liberi quei paesi che hanno deciso di bombardare Tripoli e sostituire Gheddafi con le fazioni a lui ostili per un cinico calcolo geopolitico e di convenienze. Sia chiaro a tutti che i diritti umani e le giuste aspirazioni dei giovani libici alla democrazia e a liberarsi dal regime non c'entrano nulla con la decisione di Parigi e Londra, seguite a ruota dal sempre più deludente Obama, di attivare l'intervento militare.
Chi sarà in futuro a decidere quali violenze contri i civili sono accettabili o meno saranno solo e sempre le superpotenze militari imperialiste e occidentali. E lo faranno con il sostegno del sistema di informazione mondiale che selezionerà alla bisogna chi e come andrà bombardato, chi potrà o meno rimanere al potere.
Chi stabilisce, infatti, che si decide di bombardare la Libia, mentre si consente all'Arabia Saudita di inviare truppe per sedare le proteste nel vicino Baherein, mentre si lascia il presidente dittatore da trentadue anni dello Yemen, Abdullah Saleh, sparare da giorni sulla folla (causando un numero di vittime enorme) che ne chiede a gran voce e da tempo le dimissioni? Si arriva al paradosso che la petromonarchia del Qatar, anch'essa impegnata nel reprimere le proteste del Baherein con il suo esercito, ha allo stesso tempo annunciato che invierà i suoi caccia per la democrazia in Libia.
Tutto ciò dimostra solo come nel caso libico si è da subito tentato di intervenire militarmente per interessi geopolitici.
Quale è infatti la razionalità politica di tale scelta? Semplice.
Come sempre, ciò che muove gli eserciti non sono le intenzioni umanitarie, ma ben altre ragioni e motivazioni. Seguite il petrolio, il gas e i dollari e troverete la risposta.
Per ciò che riguarda la Francia e la sua frenesia di menar le mani si segua, oltre alla via del petrolio, quella dell'uranio che alimenta le sue centrali nucleari e quelle che vende per il mondo.
Ci auguriamo che il cessate il fuoco unilaterale dichiarato dal governo libico, sia vero, e questo forse lascia del tempo per cercare di evitare la tragedia di una guerra nel mediterraneo. Temiamo duri poco. Sarà cercato in ogni modo un pretesto per giustificare comunque l'attacco, ora che una parvenza di legittimità internazionale è stata data dalla sciagurata risoluzione 1973.
L'Onu, che dovrebbe prevenire i conflitti fra gli Stati, in questo caso ha varato una decisione che potenzialmente potrebbe allargarlo e diffondere la guerra. Una decisione quindi si storica, ma per stupidità. Una stupidità alla quale, naturalmente, non si sottrae il governo italiano, pronto a dare basi uomini e mezzi all'impresa. In buona compagnia del Pd - già d'altronde in prima fila nelle guerre umanitarie del passato - che condivide apertamente tale scelta ed in compagnia anche del Presidente della Puglia Vendola (questo ci rattrista molto) che apre all'intervento militare e alle No Fly Zone in Libia, ma vorrebbe evitare che finisca in un pantano. Onestamente non capiamo come si possa fare, quando si interviene militarmente e si bombarda tutto può accadere. Forse Vendola si riferisce ad azioni mirate come in Afghanistan o alle bombe intelligenti come in Serbia? Quello che è certo è che intanto SEL si accoda, con saggezza, al partito della guerra filo atlantico. Stavolta tra l'Obama vero e quello bianco c'è gran sintonia. O dell’IDV (Di Pietro) che in barba alla Costituzione si astiene e non prende posizione contro guerra e governo.
In sintesi siamo in guerra con la Libia. Ancora una volta in sfregio alla Costituzione italiana (e non possiamo accettarlo visto che pochi giorni fa siamo scesi in piazza in sua difesa) ed ancora una volta mossi solo da biechi interessi. Noi non abbiamo interessi e non facciamo il baciamano a nessuno: la nostra unica bussola è la pace. La pace si costruisce con la cooperazione, con i processi di solidarietà internazionale.
Se vi sono ancora degli spiragli per evitare il peggio vanno usati ed agiti fino in fondo. Serve da subito una mobilitazione del popolo della pace per fermare la macchina da guerra che sta scaldando i suoi motori. Serve scendere subito in piazza contro la guerra e per chiedere che l'Italia rimanga fuori da questa nuova e sciagurata avventura bellica. Noi ci saremo.
Francesco Porta
Per la Federazione della Sinistra del Trentino